La Grecia è la mia casa. E non è retorica. Non è provocazione.
Non ho studiato il greco per fregiarmi di un titolo che non interessa più a nessuno. In tutta onestà, non l’ho studiato neanche con la pretesa di doverlo imporre o trasmettere a qualcuno. L’ho fatto perché volevo essere come loro, volevo imparare a pensare e a scrivere come loro. Per cui si, la mia casa è la Grecia.
In realtà avete anche voi diritto a dire che la Grecia è la vostra casa. Ma non è importante se non lo fate perché il merito, diceva Aristotele, non richiede necessariamente riconoscenza.
Adesso dicono che in Grecia c’è la crisi e la cosa un po’ mi fa sorridere. M’immagino anche Tucidide sorridere perché invero tutta la storia dei greci è crisi. Non è la crisi il punto.
Solone il nomoteta ha scritto un’elegia 2600 anni fa. È un testo eccezionale per molti motivi. Mi accontento di citare pochi versi. Ed essi si commentano da soli.Greece is my home. This not rhetoric, not a provocation.
I have not studied greek in order to achieve a title about which nobody cares anymore. Honestly, I have not even learnt greek pretending to transmit it to other people.
I made it because I wanted to be how they were, I wanted to think how they thought. Thus yes: Greece is my home.
You all, you can say too that Greece is your home. But, actually, it doesn’t matter if you won’t. A given credit, as Aristoteles says, does not necessarily require gratitude.
People say there is crisis in Greece and this make me laugh a bit. I imagine Thucydides laughing too for greek history being actually nothing but crisis. This is not the point.
Solon the legislator wrote an elegy 2600 years ago. It is an exceptional piece. I would just quote a few lines. They comment themselves.
ἡμετέρη δὲ πόλις κατὰ μὲν Διὸς οὔποτ’ ὀλεῖται
αἶσαν καὶ μακάρων θεῶν φρένας ἀθανάτων·
[…]
αὐτοὶ δὲ φθείρειν μεγάλην πόλιν ἀφραδίῃσιν
ἀστοὶ βούλονται χρήμασι πειθόμενοι,
δήμου θ’ ἡγεμόνων ἄδικος νόος, οἷσιν ἑτοῖμον
ὕβριος ἐκ μεγάλης ἄλγεα πολλὰ παθεῖν·
La nostra città non rovinerà mai per un destino sancito da Zeus e per volontà degli dèi beati immortali. […] Ma sono proprio gli stessi cittadini che vogliono, nelle loro manifestazioni di demenza, distruggere una grande città, persuasi da brama di soldi, e dall’ingiusto disegno dei capi del popolo, per i quali è già disposto che per questa grande arroganza subiscano molti dolori.
[Traduzione di C. Neri]
Our city never will perish according to the decree of Zeus
or the will of the blessed gods immortal.
[…]
Rather, the townsmen themselves, in their folly, wish to destroy
our great city, persuaded by wealth,
and unjust is the mind of the leaders of the demos: for them
many grievous sufferings are certain, the fruit of their great hybris.
[Translation by M.L. West]
Fai bene a ricordare come la storia proceda per crisi, e come queste riescano a rappresentare fertili momenti di rinascita. Del resto chi meglio di un filologo poteva sottolineare gli aspetti positivi della parola crisi?
Penso che l’aver decentrato gli ambiti di scelta dal piano politico a quello economico, l’aver fatto diventare quest’ultimo il vero metro di giudizio per un popolo e per un’intera civiltà, rappresenti la vera ragione della crisi sociale (perchè di crisi sociale si tratta) che stiamo attraversando.
Il referendum greco, indipendentemente dai futuri sviluppi o riavvicinamenti con l’establishment europeo, ha riaperto lo spazio per un confronto politico, ribadendo la supremazia della volontà dei popoli, a dispetto di qualsiasi valutazione economico-monetaria.
Giudicare la Grecia solo perché non produttrice di tutta quella vasta gamma di prodotti dei quali non ci siamo ancora resi conto di poter fare a meno, giudicarla perché non è in grado di servire pedissequamente i dettami del modello capitalista, è un abominio. Ma rappresenta una scelta logica e consapevole, alla quale purtroppo anche i greci stessi si sono adattati nel momento in cui hanno deciso di entrare nell’euro.
Mi auguro che quel 61% di popolo greco riesca a farsi sentire in campo europeo, rappresentando la voce di quanti prospettano un futuro diverso da quello capitalista, così come sta già accadendo in Sud America o in Spagna.
A quanto pare il moloch vince sempre. Tsipras credeva di ottenere maggiore potere di contrattazione con un NO al referendum, anche camuffando il referendum stesso da espressione democratica, ma la strategia si è rivelata inconcludente di fronte allo strapotere dell’Europa in mano alle banche, per tacere di, come sempre più spesso accade, la volontà dei popoli non venga tenuta in conto neppure lontanamente.
Il problema è certamente complesso, potrei sparare a zero sul sistema capitalistico, che critico aspramente ma di cui volens nolens usufruisco e faccio parte (come del resto quasi tutti in occidente). E pur criticandolo, sono e siamo pronti a rinunciare ai suoi “agi”, siamo pronti a non essere connessi perennamente, a non mangiare pomodori a dicembre, a lavorare meno ma tutti?
Dicono che, al netto di corruzione, assistenzialismo, sprechi, i problemi del Sud Europa vengano dall’aver vissuto al di sopra delle nostre possibilità, ma non è ciò che facciamo ogni giorno anche nell’opulenta e miope Europa del nord in cui vivo. Basti osservare il grafico sullo spreco di cibo in Europa per farsi un’idea del paradosso in cui viviamo:
http://www.theguardian.com/world/2015/may/22/uk-tops-chart-of-eu-food-waste